P.O.M. (82 anni, pensionato) soffriva di raucedine da 8 mesi. La figlia, che lo accompagnava, ci ha spiegato che il problema era cominciato quando suo fratello si era ammalato e dopo due mesi era morto. I medici non erano riusciti a diagnosticare la causa della raucedine, era stato curato, ma senza risultati.
Era molto chiaro che la causa del problema era collegata alla perdita del figlio, ma avevamo bisogno trovare perché il corpo avesse sviluppato proprio questo sintomo.
La valutazione ci ha condotto ai polmoni, in cui abbiamo sentito quanta tristezza avesse patito e, in particolare, quanto poco l’avesse espressa!
La figlia ci ha confermato che non aveva condiviso nemmeno una parola sulla morte del figlio.
Abbiamo spiegato a P.O.M. che il fatto di non esprimere la sua tristezza aveva causato la raucedine. Lui ha risposto che non aveva mai condiviso la propria sofferenza perché amava molto sua moglie e non avrebbe voluto sovraccaricarla con il suo dolore! Aveva pensato che sarebbe riuscito a superare tutto da solo, ma ora che gli avevamo mostrato la verità, aveva preso coscienza che stava “affondando”.
Lo abbiamo aiutato ad alleviare la tristezza lavorando sui polmoni e gli abbiamo anche mostrato che la famiglia avrebbe condiviso volentieri questa comune sofferenza. L’atto di reciproco aiuto sarebbe stato vantaggioso per entrambe le parti.
P.O.M. è tornato dopo 15 giorni e ha riferito che, con difficoltà, aveva cominciato a condividere le proprie emozioni con i familiari e che la raucedine era migliorata di circa un 60%.
Abbiamo fatto una seconda seduta per dare un equilibrio generale, tanto sul piano fisico, quanto in quello energetico. Siamo rimasti in contatto con P.O.M. che ci ha detto che, dopo un mese, la raucedine era scomparsa completamente; lo abbiamo ringraziato, in particolar modo per aver compreso che condividere non sobbarca nessuno, al contrario, è un grande aiuto per tutti.